L’ago nel pagliaio

Come molti di voi sapranno, sono tanti anni che mi diletto nell’arte musicale e senza aver mai raggiunto traguardi significativi, ho accumulato una discreta esperienza nell’ambito e quindi eccomi qua a dire la mia.

Oggi voglio trattare un argomento su cui si è scritto tanto, veramente tanto. C’è chi la pensa in un modo, chi la pensa in un altro e via discorrendo. Voglio parlare di come una band viva sulla propria pelle la ricerca di occasioni per suonare dal vivo. Se vogliamo, la questione non è propriamente attuale, ma se la confrontiamo coi problemi quotidiani che affliggono la nostra società ci accorgiamo che non c’è poi così tanta differenza.
Farò un po’ di “outing” e vi dirò che si, suono anche in una cover band. Sto dicendo questo perché ho intenzione di contestualizzare l’argomento in questo specifico ambito musicale.
Le cover band, si sa, da alcuni sono snobbate, da altri sono viste come la rovina del panorama musicale italiano ma allo stesso tempo ritengo che suonare pezzi di altri, magari arrangiandoli al proprio stile, può diventare divertente e (in alcuni casi) prolifico. Non vi dirò se è giusto o sbagliato perché ritengo (e voglio crederci) che a questo mondo ci sia spazio per tutti e che ognuno debba sentirsi libero di esprimersi come meglio crede. Ai più inamovibili voglio ricordare che persino membri di importanti band affermate (tipo: Federico Poggipolini di Ligabue, Nicko Mc Brain degli Iron Maiden, e tanti altri) a volte militano in Tribute Band ufficiali dei propri gruppi di appartenenza.
Detto questo concentriamoci su ciò che sta alla base della questione: suonare agli eventi. Per eventi io intendo serate nei locali, sagre paesane, feste della birra, fiere dell’asparago…insomma, tutto ciò dove sia prevista l’esibizione di un qualche gruppo.

Inutile dire che una cover band, prima ancora di suonare dal vivo, debba essere in grado di farlo bene e sapere quello fa. Se ciò non sussiste è il caso di chiudersi in sala prove e allenarsi fino al raggiungimento di un livello quanto meno passabile. Certo, possiamo stare qui a parlare sul fatto che al pubblico medio non frega un beneamato dei tecnicismi e che in alcune occasioni basti fare i soliti brani strappa mutande che la gente ti ascolterà a prescindere ma questa è la nostra cultura ed è così. Punto. Non ho intenzione di tirare in ballo il panorama estero quindi evitiamo inutili paragoni e moralismi spiccioli.
Una volta assodato che sappiamo suonare e abbiamo messo in piedi il repertorio occorre iniziare a suonare. Ma come? Dove? La risposta è un bel “Boh!”.
Certo, nella nostra città ci sono locali un po’ ovunque, ogni mese ci sono feste di paese, sagre e chi più ne ha, più ne metta ma non sempre è così immediato, nonostante le apparenze.

Innanzitutto ragioniamo sulla spinosa questione dei pagamenti. Negli anni si è accentuato sempre di più il divario tra le band, considerate “tappabuchi” e le band già affermate sulla scena, con anni e anni di esperienza alle spalle. Mi spiego subito. Senza fare nomi, siamo stati contattati per suonare ad una Festa in provincia. Una festa molto grande, che ogni anno richiama sempre più gente e che quindi, per una cover band, è l’occasione ideale per esibirsi. La festa di solito si svolge in 8 giorni, suddivisi in due Week End, quindi, 8 serate in cui fare suonare qualcuno. Ogni anno ci sono sempre i soliti due gruppi che, come alcuni nostri politici, non mollano il palco perché sono amici dell’organizzatore, cugini del cuoco ecc. ecc. Posto che le band in questione, non sempre sono tecnicamente all’altezza, ricevono cachet incredibili, di solito tra i 1000€ e 2500€ euro. Queste band, vengono inserite nell’ambito della festa perché, un po’ per conoscenza e un po’ per il fatto che suonano a tutte le edizioni, la gente li conosce e quindi l’affluenza è assicurata.
Poi ci siamo noi, i famosi tappabuchi, quelli che si presentano per la prima volta e che, consci delle loro capacità e dell’investimento fatto (prove, strumentazione, spostamenti, ecc. ecc.), chiedono un cachet “promozionale” del valore di 350€. Un po’ come un dipendete di un Fast Food che prende 800€ al mese quando l’amministratore delegato nel guadagna 20.000€ al giorno. Questo è un altro discorso, però serve a rendere l’idea. Torniamo a noi.
La cosa divertente è vedere le facce dei gestori: respirazione accelerata, sguardo attonito, aumento di battito e sudorazione.
La risposta standard, alla nostra richiesta è: “Mi dispiace ragazzi. Il budget stanziato per tutti i gruppi è un rimborso spese di 150€”. Tralasciamo la mera presa per il culo e concentriamoci sull’argomento:

  1. Se noi veniamo a 150€ e alla fine facciamo la nostra porca figura e piacciamo alla gente, l’anno seguente verremmo ricontattati per la stessa cifra. Guai ad aumentare la tariffa;
  2. Se noi accettiamo con la premessa, discussa a tavolino, che come prima volta può andare ma la prossima vogliamo di più, l’anno seguente non verremmo ricontattati. Perché tanto chi organizza sa bene che è pieno di band pronte a svendersi per un tozzo di pane, pur di stare su di un palco, nonostante la stragrande maggioranza non ne sia degna (mi riferisco all’ambito COVER BAND, badate bene)

Un bel dilemma, voi dite? Ora messo in chiaro questo, analizziamo la questione costi, prendendo come esempio, l’offerta di 150€:

  • Il luogo è già dotato di una strumentazione base: per strumentazione base intendiamo le casse, il mixer e (volendo) il fonico. Assodato questo, il gruppo deve portarsi la propria strumentazione tipo la batteria completa di tutto, amplificatori per chitarre e basso e ovviamente chitarre e basso. Se consideriamo che noi siamo in 5, alla fine il cachet suddiviso risulterà di 30€ netti a cranio. Se ragioniamo che per raggiungere il luogo dobbiamo muovere 4 auto, togliendo il costo della benzina, del mangiare e del bere (che a volte non è incluso) alla fine della fiera di quei Trenta eurini non rimarrà molto. Certo, tralasciamo pure il fatto che per incassare (non guadagnare) 150€ ad una festa del genere, gli basta vendere 30 birre a 5€ l’una. Considerato un guadagno netto di circa 2€ a birra a cui si aggiungono le varie cibarie, caffè, acqua e via discorrendo, non ci sembra un traguardo così irraggiungibile. Soprattutto se ragioniamo in termini di contesto serio, con tanta affluenza di pubblico ma…hey, fermi tutti. Nessuno di noi vuole diventarci ricco e nessuno ci sta sputando sopra, però fa riflettere, questo dobbiamo ammetterlo.
  • Il luogo non ha nessuna strumentazione base: qui la situazione si complica. Dal momento che deve avere una resa decente, un gruppo, deve poter amplificare alcune cose e che, comunque, per il microfono occorrono almeno due casse e un mixer. Dal momento che noi non abbiamo investito (minimo) 1500€ nell’acquisto del suddetto, occorre trovare un Service Audio che ce lo noleggi o che ce lo fornisca con tanto di fonico al seguito. Noleggiare/ingaggiare un Service Audio professionale in media costa dai 400€ ai 600€ a seconda di cosa si porta. Sempre nel contesto di Festa paesana. Si, certo. Esistono “fonici” improvvisati che vengono con le casse della Bontempi e il mixer della Peg Perego anche a 150/200€. Peccato che il più delle volte l’impianto non vada o che ci sia l’alto rischio che prenda fuoco qualcosa o che, nella migliore delle ipotesi, l’impianto trasformi i suoni in gracidii intollerabili. Quindi ora ditemi voi, con un budget “di 150€ a gruppo” cosa mai potremmo fare?

Diciamo che di solito è l’organizzatore che si deve preoccupare di questo. Insomma, se vuoi fare suonare della gente, occorre che tu sia attrezzato per farlo. Nessuno di noi ha la pretesa di suonare sul palco di San Siro, ma la strumentazione minima ci deve essere. Non è neanche giusto fare di tutta l’erba un fascio però. Di organizzatori seri ce ne sono in giro, pochi, ma ce ne sono. Abbiamo avuto il piacere di suonare in tante bellissime occasioni e su questo non ci piove! Purtroppo abbiamo partecipato anche ad altrettante manifestazioni organizzate proprio alla Pene di Segugio. Della serie: “guarda ciccio, vai a organizzare tornei di briscola che è meglio”.
Tralasciamo per favore tutti i qualunquismi del tipo: “c’ho le tasse da pagare; sapete quanto mi costa mantenere questo baraccone…” Se hai un’attività e VUOI fare suonare dei gruppi, senza offesa ma…questi sono problemi tuoi.
Voi lo sapete che se si vogliono fare le cose seriamente, una band deve avere la possibilità di emettere fattura? Sapete che i gruppi che lo fanno di mestiere hanno una partita IVA sulla quale ci pagano contributi e tasse? Quindi non riversate su chi viene a fornire un servizio, serio e professionale, i vostri problemi.

ATTENZIONE: qui ci addentriamo nel famoso “altro lato della medaglia”.

La professionalità dei gruppi è da paragonare alla professionalità di un imbianchino, un muratore, un architetto o chi per lui. In un paese dove “suono per vivere” viene ancora visto come una turba post – adolescenziale e comunque non come un lavoro, diventa difficile ragionare in termini di professionalità e serietà. Però dobbiamo provarci, non possiamo arrenderci. L’etere è pieno di cover band e più in generale, di gente che suona. Ma questo non significa che sono tutti dei fenomeni né tantomeno che tutti si meritino di stare sul palco.

Come facciamo, dunque? Prima dell’avvento dei social network una band (cover o no) registrava il suo bel demo e poi lo portava di persona ai locali, consapevole del fatto che, il più delle volte, finiva nel cestino o come sotto bicchiere. Ora abbiamo Facebook, Youtube, Twitter, Cazzimazz e altri, i quali, ci danno la possibilità di caricare brani e video, foto e lasciare un rendiconto delle date fatte in passato e quelle ancora da fare. Insomma, gli strumenti ci sono tutti. Chi organizza non deve fare altro che cliccare sui link messi a sua disposizione e in 3 minuti si è già fatto un’idea di chi ha di fronte. Io penso che dal momento che TUTTI vivono sui social network (e non venitemi a dire che non è vero) ritengo che tu possa dedicarci un attimo del tuo tempo, soprattutto mentre aspetti che si carichi il video dei “gattini coccolosi” o della signorina che balla con le tette al vento. Basta davvero poco per rendersi conto di che tipo di gruppo siamo.
Hanno rifiutato la nostra candidatura ad una grossa manifestazione perché “abbiamo già riempito le serate”. Sono andato a vedere i siti dei gruppi in scaletta e…ragazzi, ci sono band che non pubblicano niente dal 2003! Pagine di FB con 3 Likes. Insomma, io non voglio dire che siamo più bravi noi o loro, ci mancherebbe, però mi chiedo: tu, organizzatore, sei consapevole che finita la festa, ti ritroverai a lamentarti che hai pagato fior di quattrini per gruppi che non suonano dal vivo da 10 anni e che di conseguenza c’è un’alta percentuale di rischio che non siano in grado? Se lo sei, allora non lamentarti per favore. Perché diciamolo, non è il gruppo a dover per forza portare la gente ma, chi piace e fa un bello show, di solito un po’ di seguito ce l’ha e questo influisce molto in termini pecuniari.

Io non sto puntando il dito verso nessuno ma mi permetto di dare giudizi sulla base oggettiva dei fatti. Occorre ripristinare un po’ di meritocrazia secondo me. In fondo, se avete bisogno di un muratore non chiamerete di certo quello di cui tutti parlano male no?
Credo che alla luce di quanto detto prima, non ci sia un metodo uguale per ogni situazione ma allo stesso tempo ritengo che si debba cercare di standardizzare alcune cose, mettendosi una mano sul cuore e capendo quando è il momento di tirarsi indietro e non intestardirsi perché si deve suonare per forza; solo perché vuoi fare il figo con la tipa di turno o fare bella figura davanti a tua nonna.
Chi invece organizza eventi e concerti dovrebbe iniziare a ragionare che con tutti i soldi che perderà investendoli in band scadenti e prive di seguito, potrebbe pagarci una band brava e in gamba che porti le persone a tornare nel suo locale. Certo! Perché se sai che lì fanno della buona musica e sei un amante del genere, di certo ci tornerai.

Mah, comunque la giusta via è difficile e l’argomento delicato. Mi auguro che nel nostro piccolo noi si possa fare la differenza un giorno.

Tullio

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